Adeguati assetti al centro della riforma della crisi d’impresa
– di Massimo BOIDI –
La tempestiva segnalazione all’organo amministrativo da parte degli organi di controllo è causa di
esonero dalla responsabilità solidale
Pubblichiamo l’intervento di Massimo Boidi, Consigliere dell’ODCEC di Torino. Già molto si è scritto e commentato in ordine alle nuove disposizioni, contenute nel testo di riforma della legge fallimentare, ma profondamente incidenti nel campo del diritto societario e, più nello specifico, la materia dei controlli, mettendo forse in secondo piano gli aspetti che, di seguito, si andranno a evidenziare. L’art. 374 dello schema di decreto legislativo, tuttora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevede l’aggiunta di un secondo comma all’art. 2086 c.c. del seguente tenore: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Allo stesso tempo l’art. 14, primo comma, dello stesso testo così recita: “Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi”. Senza tornare ulteriormente sui nuovi limiti dimensionali riguardanti le srl circa l’obbligo di nomina di un soggetto deputato ai controlli e/o alla revisione legale, quello che si vuole oggi portare all’attenzione riguarda la portata, a parere di chi scrive assai pericolosa, delle novità legislative sopra riportate. Innanzitutto va segnalato come lo stesso codice civile, nel disciplinare, all’art. 2403, i doveri del Collegio sindacale, usi la stessa indeterminatezza terminologica, limitandosi a prevedere che detto organo “vigila sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile”, senza null’altro aggiungere. Non si può certamente concordare con un simile approccio legislativo, passato e attuale, lasciando alla soggettiva interpretazione di qualunque attore stabilire se un assetto societario, nel senso più ampio del termine, possa ritenersi adeguato o meno. Ai lettori più attenti è noto come solo le Norme di comportamento del collegio sindacale emanate dal CND-CEC, aggiornate al settembre 2015, cerchino di entrare maggiormente nella specificità dell’argomento, rispettivamente con le Norme 3.4, 3.5 e 3.6. Nelle premesse, i redattori del documento si sono premurati di evidenziare come le Norme suddette suggeriscano e raccomandino modelli comportamentali da adottare per svolgere correttamente l’incarico di sindaco, esplicitandone chiaramente la natura deontologica. Preliminarmente non si comprende bene perché, nel recente schema di dettato legislativo, l’imprenditore abbia il dovere di istituire un assetto amministrativo, organizzativo e contabile adeguato, così da accorgersi in tempo utile dell’avvicinarsi di una situazione di crisi, mentre l’organo di controllo avrebbe l’obbligo di accertarsi che l’imprenditore valuti costantemente (??) l’adeguatezza del solo assetto organizzativo, come se gli altri non rivestissero alcuna importanza ai fini di una corretta amministrazione, se non argomentando, a parere di chi scrive a torto, che l’assetto organizzativo sia assorbente degli altri due. Il vero pericolo sta invece in una lettura combinata delle due disposizioni, probabilmente foriera di ulteriori responsabilità per quegli organi, sia di amministra- zione che di controllo, che dovessero direttamente trovarsi coinvolti in una procedura di liquidazione giudiziale, secondo il seguente ragionamento: non avere attivato per tempo una procedura di allerta e di composi- zione assistita della crisi significa che il tuo assetto organizzativo, amministrativo e contabile, al di là delle dimensioni dell’impresa, non era adeguato, con palese violazione dell’art. 2086 c.c.
Rischio di una proliferazione di segnalazioni all’OCRI
Allo stesso tempo l’organo di controllo dovrà rispondere a titolo di responsabilità solidale, ex art. 2407 comma 2 c.c., qualora si dimostri che il danno non si sarebbe prodotto se avesse vigilato in conformità agli obblighi della carica; con il che ecco tornare prepotentemente alla ribalta le Norme di comportamento sopra richiamate, forse non più a carattere meramente deontologico, e uniche a evidenziare e indicare declinazioni pratiche di un assunto terminologico eminentemente teorico. A ciò non si può non aggiungere che il terzo comma dell’art. 14 del citato schema di DLgs. prevede che “la tempestiva segnalazione all’organo amministrativo ai sensi del comma 1 (sopra riportato, ndr) costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo…”, con la ahimé logica conseguenza che in tutti gli altri casi gli organi di controllo societari dovrebbero essere sempre solidalmente responsabili.
In conclusione di queste prime, semplici, notazioni si può quindi osservare come il quadro per coloro che già rivestono o si apprestano ad assumere incarichi quali organi di controllo assume tinte piuttosto fosche, con il palese rischio di una proliferazione abnorme di segnalazioni agli Organismi di composizione della crisi di impresa (OCRI) e il loro conseguente intasamento, al fine di quell’agognato esonero di responsabilità sopra ricordato.
– Pubblicato su EUTEKNE in data 01/02/2019 –